De sidera (- re)

di Andrea Sardi

CAFE’ DOMINGUEZ – Ti ho già accennato al desiderare parlando della volontà, e proprio in contrapposizione a questa.

Sai, ogni volta che sento la parola desiderio mi viene in mente Cenerentola che canta “I sogni sono desideri di felicità…” e lo struggente e sensuale carme dedicato da Catullo a Lesbia che racconta come, nella lontananza tra i due amanti, a lei “…splendido oggetto del mio desiderio (nitenti desiderio meo) piace fare non so che caro gioco…” con un passerotto (passer, deliciae meae puellae) mentre lui sa bene che un simile passatempo mai potrebbe, neppure per poco, placare le proprie pene.

Amico mio, perdonami quest’ultima citazione, dovuta sia all’omonimia tra il grande poeta latino e un grande poeta del tango, Cátulo Castillo, che all’etimologia latina della parola desiderare (de sidera) che esprime lo sgomento e la nostalgia per l’assenza (de) delle stelle (sidus, sideris) e della strada che queste possono indicare. E’ una parola che lascia, in fondo, un senso di languida passività: desiderare, contemplando l’assenza di ciò che non c’è, che si auspica possa esserci, che forse non si spera neanche possa esserci. Ben altro dalla forte determinazione del volere! Il tango classico è permeato dal volere intenso, dal querer che addirittura a volte diviene afàn, una vera e propria brama, mentre raramente lascia spazio al deseo. In questo testo contemporaneo, invece, deseo è ripetuto ossessivamente e con enfasi, amplificando, nella descrizione minuziosa di tutto ciò che si va immaginando di riuscire, forse un giorno, ad avere, la forte mancanza della donna agognata. Una situazione che è ben riflessa dalla esasperazione delle immagini erotiche del video.

Sento ogni volta che ti vedo / Un fuoco di estasi / Che scorre attraverso la mia anima. / Brucia nella pelle e nelle ossa, / Un desiderio folle / E a causa tua perdo la calma. … Avvolgendomi tra le tue braccia / Desiderio di svegliarmi nel tuo grembo, / Dopo esserci amati / Tra gli accordi di un tango / Desiderio…/ di toccare e di godere del tuo corpo / Desiderio…/ Lascia che il tempo si fermi / In quell’istante, / Quando i tuoi occhi / Mi cercheranno insinuandosi / Mi darò / Senza peccato né perdono. / Dolce è il veleno del tuo corpo, / Come il profumo di fiori / Voglio tuffarmi / In quell’inferno / Per attrazione irrazionale / Del proibito….” [“Deseo”, Tango, 2009, Testo: Alfonso Luis González; Musica : Guillermo José Fernández]. Un tango moderno che pure ricalca, nella struttura musicale, quelli più classici.

Desiderio, espressione delle mancanza di ciò che non c’è ancora, o di ciò che non c’è più, come racconta questo tango: “Al passo lento di un povero vecchio / popola il borgo di note, / con un concerto di vetri rotti, / l’organo del crepuscolo. / Girando la maniglia / uno zoppo lo segue / mentre la gamba dura / segna il ritmo del tango. / Nelle note di quella piccola musica / c’è non so quale vaga sensazione /e il quartiere appare / immergersi nell’emozione. / Ed è perché ci sono così tanti ricordi / che il risveglio che nella sua scia va / riempie le anime di una grande desiderio di piangere…”. [“Organito de la tarde”, Tango 1924 , Musica: Cátulo Castillo, Testo: José González Castillo].

Desiderio di piangere, per avvolgere il vuoto aperto dai ricordi di un fiotto caldo di lacrime, un abbraccio auto consolatorio. Desiderare…. “A volte quando penso che vivo in solitudine / Mi sembra una prova, la vita senza il tuo amore… / E in mezzo a questi dolori che ravvivano il miei desideri, / Mi sembra di vedere il tuo viso affascinante. / Ebbene quando mi vedo così solo ricordo quei giorni, / in cui la tua anima e la mia giurarono la loro passione / e anche se so che te ne sei andata a volte mi par di percepire il respiro, in cui trova sollievo il mio dolore…” [“Ansias de amor”, Tango, 1930, Musica e Testo: Guillermo Barbieri]

Desiderare un amore, un amore che c’è ma è lontano, un amore che non c’è più perché se n’è andato, un amore che ancora non s’è manifestato. Desiderare di incontrarlo, magari una sera, incrociandone lo sguardo tra le ombre di una milonga, uno sguardo capace di farti desiderare di abbracciare quella persona e di scoprire, in quell’abbraccio, se può esservi quell’incontro magico che manca e che desideri.

Già, il tango, “Conjuro extraño de un amor hecho cadencia” (“Strano incantesimo di un amore fatto cadenza”) [“El choclo”, Tango, 1903, Ángel Gregorio Villoldo Arroyo ]

Abbiamo iniziato ascoltando Cenerentola cantare “i sogni sono desideri”.

Ti dirò, credo che i desideri siano i nostri sogni; quelli più delicati, forse più amati, così come s’ama sempre di più ciò che mai è stato, e forse mai sarà.

Forse sono anche i più temuti.

Forse quelli per cui non ci siamo ritenuti adeguati.

Forse è per questo che non si sono realizzati?

¿Quién puede decirlo? amica, amico mio.

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